Vite e avventure

Le gondole Tramontin sono le “Ferrari” dell’acqua

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-11 Gennaio 2018

C’è un brano famoso nel libro autobiografico “Sguardo al Passato”, in cui il pittore russo Kandinskij racconta l’emozione provata nel vedere per la prima volta, durante un viaggio a Venezia, la magia del nero delle gondole adagiate sull’acqua nera della notte. 

“E ancora una volta il nero: gradini che scendevano nell’acqua, nera, su cui galleggiava una lunga barca, terribile, nera, con una cassa nera nel centro: salivamo di notte su una gondola.”  Vasilij Kandinskij

Le gondole sono uniche barche al mondo con la coperta nera. Nere da sempre e per decreto dogale.

 

 

Oggi a Venezia ne girano per rii e canali 433 con altrettanti gondolieri, altre sono di privati o in qualche collezione museale; alcune sono uscite dall’Italia. Le gondole si costruiscono ancora a mano, negli squeri, e questo è il periodo giusto per vederle nascere: d’inverno si realizzano quelle nuove; dalla primavera all’autunno si fanno piccole riparazioni e lavori di manutenzione. Tra i pochi squeri rimasti a Venezia, il più antico nelle mani di una stessa famiglia che ne tramanda l’arte, è quello di Roberto Tramontin in campo Ognissanti. Squerarolo da sempre, Roberto ha imparato il mestiere dal papà e dal nonno che a loro volta l’avevano appreso in famiglia. A ritroso si arriva al  1884, quando Domenico aprì lo squero “Tramontin e Figli” il 2 febbraio, giorno della Madonna della Candelora.

 

 

Domenico modernizzò  le tecniche costruttive fino a quel momento utilizzate, che risalivano al Cinque – Seicento e per questo è giustamente famoso. Poi il mestiere e i suoi segreti passarono di padre in figlio. Ancora oggi ci vuole grande conoscenza e una grande abilità per costruire le gondole: “qualsiasi cosa parte dal nostro cuore, poi arriva alla testa e poi alle mani” dice Roberto, che non usa progetti e disegni ma solo occhio e calcoli a mente, e misura le parti della gondola in piedi e once. Arrivato allo squero a 16 anni, Roberto costruì la prima gondola 24 anni dopo: una lunga attesa per vedere la prima creatura in acqua.

 

 

Sono otto le essenze utilizzate, principalmente rovere per il fianco ricavato da un unico albero, leggermente curvo, meglio se francese, di 12 metri. Poi servono tiglio, noce, mogano, abete, ciliegio, larice e olmo. Le tavole di legno restano ferme per anni a stagionare (un anno per ogni centimetro) e poi piegate sapientemente a fuoco vivo, e montate nell’apposito “cantiere” la base principale dove viene costruita la gondola. Le tavole sono usate “per il dritto”, che si riconosce perché “guardando per testa il legno deve sorridere”.

 

 

Le gondole Tramontin fanno parte della storia di Venezia e non solo. A Palazzo Ducale si trova quella costruita dal nonno di Roberto per il Re d’Italia. Chi sono oggi i committenti oggi? I gondolieri, principalmente.«Qualche giorno fa un artista mi ha chiesto una gondola per una performance, per dipingerla e tenerla come pezzo d’arte – dice Roberto. In questo periodo girano meno soldi e le richieste eccentriche sono diminuite. C’era un periodo in cui telefonavano gli arabi dal Qatar e chiedevano assurdità, come le gondole con il motore elettrico o con i servizi.»

A Roberto piace quando le gondole, le sue creature, rimangono a Venezia, così dal canale di fronte allo squero prima o poi le vede passare. Riconosce sempre le sue, dalla linea di galleggiamento, dalla stabilità quando c’è vento, e per la firma inconfondibile: due triangoli grandi e tre piccoli intagliati sulla Catenella messa a poppa.

 

 

Quanto vive una gondola? «Più di un matrimonio! Prima le gondole duravano quindici anni, poi si cambiava il fondo al pescaggio e duravano altrettanti anni. Oggi col compensato marino e una manutenzione costante, può resistere 50 anni.» Le gondole  Tramontin sono belle perché costruite a regola d’arte e perché tramandano l’antica sapienza artigiana che ha reso famosa l’Italia nel mondo. E per chiudere con parole sue:«Una gondola è come una bella donna con un vestito nero, lungo, elegante di Armani, poco trucco e un piccolo diamante punto luce. Una bellezza autentica che è impossibile non ammirare.» 

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