Preziose conterie veneziane in pasta di vetro rivivono tra le mani di una impiraressa.
Leggenda narra che l’isola di Manhattan fu comprata negli anni venti del XVII secolo dal direttore della Compagnia delle Indie Orientali con delle perle di vetro veneziane. Per secoli e secoli le perle fabbricate a Murano, l’isola di Venezia in cui dal XIV secolo erano state trasferite tutte le vetrerie della città, furono un elemento importante del commercio internazionale e accompagnarono le scoperte dei nuovi territori d’Africa e d’America dove il vetro era ritenuto più importante delle pietre dure. Nel XVII secolo nello scambio con pellicce nord americane, avorio oro e schiavi il valore delle perle di Venezia era del 1000 per cento.
Che fine hanno fatto le autentiche perle di Venezia? Le abbiamo trovate girovagando tra le calli, poco lontano da Calle de la Mandola, nel Sestiere di San Marco. Marisa Convento è una preziosa impiraressa di Venezia piena di sorrisi e di energia, colpita nel cuore dalle perle. Tra i suoi manufatti e le sessole di legno piene di perle colorate e lucenti, trascorre le sue giornate. Con la passione nel cuore, l’abilità nelle mani, e con assoluta libertà creativa, crea bellissimi gioielli e ricami in vetro di Murano: collane, braccialetti, orecchini, frange, nappe, fiori. Gioielli pieni di luce, dai colori brillanti, dal disegno originale, creati da chi ha una sensibilità rara. Queste creazioni non hanno nulla a che vedere con la paccottiglia in vetro che spesso invade la città.
“Cerco di unire in modo moderno e “mettibile” tutto il sapere tramandato e dare contemporaneità ad un antico mestiere” racconta. Antico perché il commercio di perle veneziane con il Levante, il Maghreb e il Nord Europa era attivo già nel Trecento e nei secoli si è perfezionato con gli eccellenti mastri vetrai. Il mestiere nelle mani di Marisa è stato rivisto ed “emancipato” in chiave moderna. L’impira perle o impiraressa, insieme alla perlaia o perlera, lavorava le perle di Murano. La perlaia faceva le perle, fondeva le canne di vetro con un cannello ossidrico, l’impiraressa era abilissima nell’infilatura delle perle più piccole con gli aghi sottili.
Agli inizi del ‘900 le donne che svolgevano questa attività erano più di 5000, concentrate per lo più nel sestiere di Castello, quello più vicino a Murano. Facevano un lavoro meccanico e pagato a cottimo. “Casse da 90 chili, piene di piccole perle – la più piccole un millimetro di diametro – venivano portare nei pressi del domicilio e poi ritirate dopo alcuni giorni. Le impiraresse le infilavano in lunghi aghi, eliminando quelle “orbe” senza buco. Le perle poi venivano unite con fili di cotone in mazzi e trasportate” dice Marisa. Ogni mazzo di perle mono colore infilate era anche un’unità di misura e una merce di scambio, che i grandi navigatori con esplorazioni e conquiste portarono in giro per il mondo.
Marisa inizia ad infilare perle negli anni Ottanta e impara da sola i segreti del mestiere. Vedendo le sue creazioni complesse pare impossibile che abbia iniziato da fiori e bijoux. Nel laboratorio in cui domina il rosso e abbondano i libri e le fotografie, Marisa porta avanti la storia e la tradizione di Venezia e si batte, insieme al “Comitato per la tutela storica e culturale delle Perle di Vetro Veneziane”, di cui è vice presidente, affinché il mestiere sia inserito nel patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Abilità manuale e gusto artigiano italiano, sono vivi e rappresentano con questi artigiani la qualità di una cultura straordinaria. www.marisaconvento.it
Marzo 28, 2020 -
Maria Vittoria Mento
Gentilissime signore artiste , potrebbe interessarvi l’arte del pizzo chiacchierino su cui incastonare / cucire delle pietre/vetri veneziani ?
Ne vengono fuori dei gioielli splendidi ed unici
Novembre 2, 2020 -
1558-admin
Grazie per questa idea, avviseremo la signora Marisa Convento.